Gambe, scarponi…e rispetto dell’ambiente

“Trent’anni fa mi arrivò una telefonata, sapevano che ero un musicista che ama sperimentare. Però, suono il violoncello, non proprio un flauto. Mi chiesero se me la sentivo di portarmelo in spalla per un paio d’ore, per poi suonare in un luogo sensazionale. Dissi di sì, anche perché ero abituato ad esercitarmi in una casetta in montagna. In verità, in un lampo, vedevo delinearsi quello che avevo sempre sognato. Era la prima stagione dei Suoni, a volte arrivavano sì e no 50 persone. Ma funzionava. Da allora, con il mio violoncello, e in compagnia dei trentini, sono salito ovunque”.

Sono le parole del direttore artistico Mario Brunello.

C’è stato un tempo in cui la musica echeggiava alle alte quote, così come nelle selve, o dei deserti. La facevano i pastori, le tribù che si ritrovavano dopo una battuta di caccia. Poi, col tempo, ci siamo abituati ad ascoltarla in altri luoghi.

Nelle arene all’aperto, nelle chiese, in grandi teatri figli del Secolo dei Lumi. Nelle balere dove i figli e le figlie del popolo si ritagliavano un po’ di divertimento tra le pieghe dell’esistenza.

Poi, la musica ha fatto il suo ingresso negli stadi, nei palazzetti. È diventata rito collettivo, celebrazione. Infine, un evento venduto a caro prezzo, da prenotare con molto, moltissimo anticipo.

I Suoni delle Dolomiti restano un’altra cosa, fedeli a se stessi, nel tempo e nello spazio. Pubblico e musicisti, in egual misura e partecipazione, devono salire in quota con le proprie gambe, i piedi infilati negli scarponi.

Risalire un sentiero per assistere a un concerto acustico, “gambe in spalla” e scarponi ai piedi, è un modo per testimoniare concretamente il proprio rispetto per l’ambiente. E lasciare l’arena naturale così come la si è trovata all’arrivo.